sabato 11 giugno 2016

La notte di Amelia

Amelia fece schioccare la serratura della porta di casa e un marchingegno si azionò, producendo un lento rumore di spessi tubi d’acciaio che scorrono. Non entrò subito: chiuse gli occhi e fece un lungo respiro per nutrirsi dell’aria ferma della notte. Era un’aria serena, che sembrava aver dimenticato tutti i rumori del giorno: si espandeva rilassata ad abbracciare gli spazi vuoti tra gli edifici, a confortare il sonno di uccelli accovacciati sugli alberi, a solleticare i signori della notte perché uscissero dalle loro tane. Affascinata da quell’atmosfera Amelia tolse la mano dalla maniglia e si voltò, facendo sprofondare lo sguardo nell’oscurità. Era una notte senza luna, illuminata qua è là dai lampioni della strada. Ammirò la linea precisa che separava il limite dei campi dal cielo: un nero cupo e indecifrabile contro un cielo appena blu, rischiarato da qualche città lontana. Il paesaggio, rispetto al giorno, era profondamente mutato ma comunque percepibile. Sentiva i suoi sensi amplificarsi per adattarsi ad esso, e vedeva. Vedeva ogni contorno degli alberi, percepiva ogni sfumatura. Sentiva i passi scricchiolanti dei ricci, coglieva il volo dei pipistrelli. La notte ormai l’avvolgeva, vi si era addentrata. Fu allora che alzò lo sguardo verso l’alto: le stelle. Scorsero nelle sue vene antiche emozioni, si sentì protetta. Pensò a Dante che, giunto alla fine dell’Inferno, volle rivedere le stelle come suggello del suo viaggio infernale: le stelle come sospiro di sollievo dopo aver attraversato il luogo di perdizione più nero. Amelia si sentì così: accolta tra le braccia della notte, confortata da ogni angoscia della giornata. Finalmente i suoi muscoli si distendevano, mentre perdeva la sensazione di pesantezza del suo corpo. Così leggera rivide le sue costellazioni. Sorrise lievemente, un tremito di gioia la percorse. Si sentì parte di quel cielo, la stella dentro al suo petto tremò ora che si era ricongiunta alle sue compagne.