martedì 11 marzo 2014

Edvard Munch, L'urlo


Munch rappresenta straordinariamente l'angoscia, la solitudine, la disperazione dell'uomo. Ogni suo quadro è una coltellata, poetica e sublime, di dolore. La negativa sensibilità dell'animo con lui diventa arte indiscutibilmente eccezionale, arte che amplifica la disperazione umana.

"camminavo lungo un sentiero con due amici.
Il sole stava tramontando.
Ho sentito un sospiro melanconico.
Improvvisamente il cielo diventò rosso sangue.
Mi fermai, esausto, e mi appoggiai alla staccionata
contemplando le nubi sospese come sangue e lingue di fuoco
sul fiordo di un blu quasi nero e sulla città.
I miei compagni proseguirono il cammino - io restai lì immobile tremando per la paura e per l'angoscia.
E sentii che un grido infinito pervadeva tutta la natura."

Edvard Munch, Diario (1893)

Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano

Oggi ho terminato quel capolavoro di Marguerite Yourcenar intitolato “Memorie di Adriano”. Oltre all’austerità e all’apparente pesantezza della materia trattata, fatta di vittorie, leggi e vicessitudini quotidiane di un glorioso imperatore romano, ho scorto tra le righe l’accuratezza, o meglio, la profondità di quell’autrice che si era riproposta di confrontarsi con l’antica Roma e di riviverla appieno.
Più leggevo più i miei occhi erano avidi di quella magia celata nell’inchiostro; frasi di riflessione non erano altro che poesia capace di privarmi della forza di scindermi da esse: come Scilla e Cariddi con il loro canto, mi stregavano e con un sottile incantesimo mi trattenevano a loro.
Perciò ho impiegato tanto tempo nella lettura: volevo che quella bellezza si imprimesse nella mia memoria rendendosi eterna. Ecco, ho pronunciato proprio quel termine a cui volevo arrivare: bellezza. Quella bellezza di cui Adriano si sentiva responsabile è intrinseca al libro stesso e lo pervade non solo nel registro, ma anche nell’accurata scelta di argomenti e riflessioni. Così mi ammalia il genio di un’autrice che sia riuscita a dar vita a tanta perfezione. Ad ogni passo ricercavo la sua presenza: involontariamente, procedendo nella lettura, pensavo a lei mentre scriveva, mentre rifletteva assorta sugli argomenti da trattare, oppure mentre si chiedeva se le sue sole forze sarebbero bastate a compiere l’impresa prefissata. Solamente leggere l’opera terminata mi provoca un brivido immaginando il lungo percorso che l’ha preceduta. Come evitare infatti il confronto tra la propria identità e quella dell’imperatore, come farsi portavoce di un augusto senza peccare di superba ambizione? Mi sorgono spontanee queste domande, assieme ad altre che di certo hanno assillato la scrittrice durante la stesura. Tuttavia so per certo che la fatica e le notti insonni saranno ripagate con l’immortalità del suo manoscritto: tengo tra le mani un ambizioso classico moderno che continuerà ad affascinare le prossime generazioni.